Viaggio nella musica e nell’artigianato del Marchesato Crotonese: la chitarra battente.

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È un rapporto intenso quello che lega il Marchesato Crotonese con uno degli strumenti tipici della tradizione musicale e folkloristica calabrese: la chitarra battente cui, fra le altre cose, sono collegati solo nella città di Petilia Policastro due portali nella grande rete.
Il primo è quello della liuteria etnica fondata alcuni lustri fa’ fondata dal compianto Mario Scordamaglia che continua le sue attività artigianali attraverso l’impegno di suo figlio Simone. Visitando il portale www.liuteriaetnica.it. La scoperta che si fa’ visitandolo è che, ancora nell’età dell’avanzamento delle tecnologie, esistono degli artigiani che continuano a costruire strumenti musicali secondo l’antica tradizione artigianale calabrese.
L’altro sito che, secondo noi, merita una visita è www.hantura.it in cui è possibile apprezzare e conoscere le note di un gruppo musicale emergente, quello degli “Hantura” che hanno nelle note tratte dalle corde della chitarra battente di Gino Carvelli un elemento principale del proprio fascino e del proprio impegno nella riscoperta e rivalutazione della musica popolare calabrese.


Dal punto di vista storico, la chitarra battente è uno strumento conosciuto in Calabria fin dal XVII secolo ed entrato prepotentemente nella tradizione popolare calabrese grazie al suo ritmo ed al suo fascino che a livello non solo nazionale è al centro della carriera musicale di Eugenio Bennato che negli scorsi anni ha inserito proprio gli ‘Hantura” nella schiera dei collaboratori nel progetto della “Taranta pawer”.


Quale il fascino della chitarra battente? “la cassa è lavorata a doghe di noce o castagno intercalate da sottili listelli di legni chiari. Il piano- spiegano Antonello Ricci e Roberta Tucci nel saggio dedicato agli “Strumenti musicali popolari in Calabria” descrivendo lo stesso strumento musicale – armonico di abete è piegato inferiormente ed è decorato con diversi motivi dipinti. La buca è coperta da una rosetta cilindrica di cartoncino colorato al centro della quale emerge un fiorellino di carta. Sulla tastiera di palissandro, o anche direttamente sul manico, sono infisse 9 barrette metalliche e un capotasto di legno”. A differenza delle chitarre classiche che montano 6 corde, quella battente ne monta solo 4 corde tutte uguali e con un diametro massimo di 25 mm alcuni delle quali, alle volte, sono raddoppiate.


Una quinta corda, non sempre montata sulle chitarre battenti, è detta “scordino” ed è tirata da un pirolo che buca la tastiera fra la VI e la VII barretta. A cosa è dovuto il nome della gli studiosi Ricci e Tucci secondo che “la mano destra struscia con le dita il telo delle corde e contemporaneamente sfrega e colpisce il piano armonico creando un doppio effetto armonico-percussivo di particolare efficacia. Un movimento a ruota della mano destra, permette di realizzare le terzine. La mano sinistra esegue gli accordi sulle prime tre corde. La quarta corda non viene mai tastata e funge da bordone di dominante che, in presenza dello scordino, è raddoppiato all’ottava superiore”.


Ad esportare in Lombardia la lavorazione liutaia del Marchesato Crotonese Mario Grimaldi, nato a Filippa di Mesoraca nel 1957. Trasferitosi nel Milanese a 13 anni. A 16 anni ha iniziato a lavorare il legno come modellista meccanico, in seguito ha frequentato i corsi di liuteria tenuti da Carlo Raspagni e dal 1986 ha iniziato a costruire chitarre anche per grandi artisti comeAlirio Diaz, ispirandosi alla tradizione spagnola e tedesca.
A Petilia, fin quando i Professionali hanno smesso di organizzare corsi di perfezionamento, il maestro Grimaldi ha realizzato alcuni corsi sulla chitarra battente e la lira calabrese anche ad alcuni studenti adulti interessati alla sua arte nel Professionale del legno e dell’ arredamento. Poi, in una Calabria che non sa volersi bene ed anzi riesce ad essere cattiva con le proprie cose più belle sono venuti meno i fondi e le possibilità di organizzare momenti di approfondimento così belli. A queste latitudini il “destino” delle persone deve continuare a creare o briganti o emigrati. Così è stato deciso “nelle stanze che contano” anche grazie al fatalismo ed alla rassegnazione tipici di questa periferia.
Francesco Rizza

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