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Si è svolto a Gerace, borgo calabrese fra i più belli d’Italia, il primo tavolo tecnico sul “Bicentenario dal riconoscimento della lingua greca di Calabria”. Presenti, fra gli altri, il sindaco di Gerace, dott. Giuseppe Pezzimenti; la presidente dell’Associazione Italiana di Cultura Classica – delegazione di Locri, arch. Katia Aiello; il padre Ikonomos Ilias Iaria Efimerios, voce greco-calabra della Chiesa ortodossa reggina.
Ancora forte la presenza, nella Bovesia ai margini meridionali del Parco Nazionale d’Aspromonte, la parlata greca che 200 anni fa’ è stata ufficialmente riconosciuta. Il filologo tedesco Gerard Rohlfs ritenne che tali Grecanici fossero i discendenti dei Coloni magno greci, alcuni storici ritengono che tale presenza sia collegabile all’età del dominio bizantino.
A conferma di quanto sia stato forte il rapporto fra la Calabria e Bisanzio, oltre ai numerosi monumenti architettonici ed a numerose altre tracce nel sostrato calabrese, un opuscolo ancora oggi conservato nella Biblioteca Vaticana e collegabile al XII secolo afferma che i Calabresi non sono degli Occidentali veri e propri, ma “Cristiani ortodossi educati secondo la nostra Chiesa apostolica”.
Se, ancora oggi si confronta il dialetto di queste cittadine con il sistema dialettale siculo calabro salentino predominante in Calabria sono molte le peculiarità di quest’idioma che è possibile riconoscere. A conferma di ciò, il fatto che fin dal 1930 il dialetto di Bova è stato inserito nel “Lessico storico linguistico” dell’Università di Atene grazie allo studio di numerosi linguisti come Anastasio Karanastis e Gerard Rohlfs.
Al di là della lingua, il rapporto fra la Calabria e la Grecia fu sempre intenso e continua ad esserlo ancora oggi. A conferma di questo, basta pensare alle numerose tracce dell’antropologia calabrese che hanno origine nel periodo dell’ Impero bizantino o, addirittura al periodo della Magna Grecia, nelle quali Corrado Alvaro parlava nei primi del Novecento di uno “Spirito greco” ancora imperversante in Calabria e riconoscibile nella partecipazione collettiva ai lutti con la veglia silenziosa degli uomini sulla soglia della casa in lutto e la preghiere delle donne intorno il feretro; il gran culto dedicato alla Madonna, il segnarsi più volte col segno della croce e, fra gli abiti mentali, l’ospitalità. Come nell’antica Grecia, anche nella Calabria contemporanea il forestiero è protetto da un’aura di sacralità.
Tornando all’ incontro di Gerace, ha aperto i lavori il prof. Pasquale Casile, scrittore, parlante e studioso della lingua greco-calabra, dichiarando le ragioni storico-linguistiche e le motivazioni profonde che lo hanno spinto e guidato a costituire il primo nucleo di attivisti, a favore del Bicentenario. Ecco una sintesi del discorso.
Nel 1820, giunse nell’odierna Area Grecanica, l’illustre dantista tedesco Karl Witte, primo studioso dell’età contemporanea ad avere localizzato ben 12 villaggi a ridosso del versante ionico aspromontano meridionale, ultimo bastione reggino, di quella che un tempo era stata la Grecia d’Italia e che, ancora nel XVI sec., occupava tutto il territorio peninsulare al di sotto della linea istmica Nicastro-Catanzaro, dal Golfo di Lamezia al Golfo di Squillace, con Tiriolosull’estremo limite nord, paese vedetta, a delimitarne il confine, a cavallo tra i due mari.
A Bova, la Chora dei grecofoni, antico cuore economico e amministrativo della Calabria greca, il Witte soggiornò piacevolmente e nel corso di alcune rapide conversazioni avute con gli abitanti, stilò una breve lista di circa una cinquantina di vocaboli greci e trascrisse inoltre tre canti, il primo dei quali – “Iglio pu olo ton gosmo parpatì (Sole che tutto il mondo percorri)” – ha ispirato il logo da noi ideato per le celebrazioni del presente Bicentenario, il quale, al centro reca il motto, con la grafia in greco-calabro: H γλώσσα γραῖκα δεν βασιλέγου̮ει “I glossa greka den vasilégui (La lingua greka non tramonta)”.
Importante il patrimonio linguistico e culturale dei Greci di Calabria, dando seguito a importantissimi studi, con pregevoli volumi e poderosi lessici, scritti soprattutto in lingua tedesca, greca e italiana, oggi confluiti quasi interamente, per la parte lessicale, nel monumentale Dizionario Storico Etimologico degli Idiomi Italogreci di Anastasios Karanastasis, di cui – abbiamo curato la traduzione in italiano del primo tomo, dal neogreco, per fornire di validi strumenti didattici le scuole, i parlanti e, più in generale, tutti gli appassionati di questa nostra cultura, vera e propria miniera del patrimonio ellenico orale, tramandato nel Meridione italico sin dai tempi di Omero.
Due secoli di letteratura scientifica, ha ricordato il prof. Casile, fanno di noi la minoranza linguistica più studiata in Europa; e secondariamente, perché alla luce dei rilievi filologici e delle evidenze storiografiche, siamo pure la lingua parlata più antica d’Europa, assieme a quella basca.
Fra le motivazioni principali che a nostro avviso rendono necessario il recupero e il rilancio del greco di Calabria, non ci sono solo l’enorme rilievo e il prestigio culturale della lingua greca, retaggio dell’antica Italìa (alias Magna Grecia), cui l’intera Penisola deve il suo nome, quanto la compresenza storico-attuale di questa nostra cultura, per secoli e millenni maggioritaria, vissuta oggi in chiave mediterranea ed europea, in quanto abituata da sempre a dialogare in modo naturale e costruttivo con l’Oriente bizantino e l’Occidente latino, in un clima di plurilinguismo e multiculturalismo, favorito sin dai secoli antichi sia dalla koinè greca, che dalle varie dominazioni che si sono nel tempo succedute (normanni, angioini, aragonesi ecc.), oltre che dai lunghi e consolidati rapporti commerciali intrattenuti sulle nostre coste con i mercanti ebrei e arabi.
Francesco Rizza
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