Veliero si incendia nello Jonio Crotonese. Ed il razzismo furoreggia nei social.

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su whatsapp

Erano in ventuno a bordo di un vecchio e malandato veliero con il quale dalle coste turche stavano raggiungendo l’Italia. Sulle Coste crotonesi l’imbarcazione ha preso fuoco e tre persone sono morte ed una è ancora dispersa dopo l’esplosione dell’imbarcazione avvenuta poco dopo le 12 di domenica 30 agosto. Una esplosione sentita fino alle spiagge della costa crotonese ancora piene di turisti.


A detta dei Finanzieri e degli altri soccorritori, sulla barca che era stata intercettata nella notte al largo delle coste calabresi nei pressi di Sellia Marina si trovavano 34 persone: tredici di loro erano riuscite a sbarcare sulla spiaggia del comune catanzarese. L’imbarcazione, con il resto dei migranti a bordo, invece, si era diretta verso Crotone sotto scorta di una unità navale della Guardia di Finanza.


Il soccorso è stato immediato. Dal mare sono stati recuperati cinque migranti feriti che sono stati trasferiti con le motovedette della Guardia Costiera al porto di Le Castella dove la Prefettura aveva organizzato i soccorsi avvalendosi delle ambulanze di Suem 118, Croce Rossa e Misericordia.

“Invitiamo tutti alla moderazione nei commenti. Gioire per la morte delle persone non è da esseri umani. Chi continuerà a postare commenti di questo genere alle notizie sarà segnalato a Facebook e bannato dalla nostra pagina. La libertà di espressione è un diritto, ma la cattiveria e la libertà morale non lo sono”.

È questo il post che “Il Crotonese”, storico bisettimanale della Provincia pitagorica diretto da Giuseppe Pipita, ha dovuto postare a distanza di poche ore dalla diffusione della notizia. Come questo degrado etico possa aver aver raggiunto tali livelli non è spiegabile nel circondario della Città pitagorica.


A Crotone, infatti, anche la celeste patrona, la Madonna di Capocolonna è una Madonna Nera raffigurata in un dipinto che la leggendaria tradizione collegha addirittura a San Dionigi l’Aropagita ed a San Luca evangelista che certamente non erano due autoctoni. Nella sia festa di maggio, via mare, anche il dipinto della Madre di Cristo, raggiunge dal porto cittadino il proprio santuario nei pressi di quello che, in evo magno greco, fu un famoso tempio dedicato ad Era Lacinia: un’ altra protettrice “forestiera” .


Ed il figlio più noto di Le Castella, borgo di marinai frazione di Isola di Capo Rizzuto dove l’amministrazione comunale è stata sciolta per le infiltrazioni mafiose con cui la Misericordia che gestiva uno dei maggiori Cara dell’ Italia meridionale, continua ad essere Giorgio Dionigi Galeni, Occhiali, che rapito dai Turchi si convertì all’Islam diventando uno dei più noti condottieri dell’esercito maomettano.


Ecco perché, nonostante il leghismo dilagante in questo lembo calabrese, i commenti razzisti diventano essi stessi notizia in quest’ultima calda domenica di agostana sulla quale, a nostro parere, la Polizia postale dovrebbe indagare. L’accoglienza e l’ospitalità calabresi non meritano queste derive xenofobe e la civiltà di un territorio va difesa anche con indagini di questo tipo.
Francesco Rizza

Condividi su facebook
Facebook
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su whatsapp
WhatsApp