Una pagina di storia di silana: la Festa dei Minatori e le origini di Pagliarelle di Petilia Policastro (Kr)

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Si svolgerà il prossimo 17 agosto, a Pagliarelle frazione di Petilia Policastro la festa dei minatori, iniziativa in onore dei lavoratori oriundi della stessa località che da più generazioni ormai scavano gallerie e tunnel in varie Nazioni europee. Nonostante il Covid l’ Amministrazione comunale del sindaco Amedeo Nicolazzi ha ritenuto che, pur non potendosi organizzare una festa vera e propria in onre dei minatori di Pagliarelle, quanto meno andava posta una corona di alloro ai piedi del loro monumento.

Proprio i Minatori ed i loro sacrifici sono l’elemento maggiormente connotativo di Pagliarelle che con una delibera del Consiglio comunale di Pagliarelle del luglio 2016 è stato definito “Borgo dei Minatori”. “Pagliarelle  -osservava  Gigi Veraldi nel n° 2 del 2019 de “Il Sindacato Nuovo” periodico della Cgil – è un posto speciale, unico: qui gran parte degli uomini costruiscono gallerie, tunnel, trafori; sono “minatori”, un mestiere che si tramanda di padre in figlio, perpetuando una tradizione ormai ultracentenaria; un lavoro altamente specializzato ma discontinuo, che significa per questa comunità convivere costantemente con la precarietà e il disagio sociale, per di più in un contesto di arretratezza economica”.

“Ai suoi figli caduti sul lavoro Pagliarelle ha dedicato la propria piazza centrale e l’intera frazione, erigendo un monumento in bronzo realizzato dal Maestro Mimmo Greco  che ritrae un minatore all’uscita da una galleria, con le mani sugli occhi per proteggersi dal forte impatto con la luce. Pietro Mirabelli è uno di questi martiri: tra i fondatori dell’Associazione Minatori di Pagliarelle e simbolo delle rivendicazioni per i diritti dei minatori   morì il 22 settembre 2010 in un incidente sul lavoro nella galleria del Cantiere AlpTransit in Svizzera”.  Nacque così la Festa dei Minatori fortemente voluta dalla Filea Cigil nazionale che in collaborazione alla Asscociazione dei Minatori di Pagliarelle celebra ogni anno, a metà di agosto, i minatori, le loro storie, i loro diritti e le loro difficoltà.

Nell’agosto del 2018, su proposta dell’ Associazione “Nel Cuore Solo Petilia”, l’ Amministrazione comunale cittadina di Petilia Policastro ha inteso gemellarsi con il comune di Parenti, borgo dell’ Altopiano silano, da cui, fra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo arrivarono come profughi i primi abitanti di Pagliarelle.  E’ toccato alla stessa Associazione riscrivere la storia della nascita di Pagliarelle cui ha dedicato la prima monografia sull’origine di Pagliarelle.

Nel periodo in cui la Sila si ribellava all’occupazione napoleonica,   Il 12 marzo 1806 le truppe napoleoniche occuparono Cosenza, guidate dal generale Ranyer. Il 30 marzo Napoleone nominò re di Napoli il fratello Giuseppe che, arrivato nella Capitale brutia ordinò al generale Messina di unire le proprie truppe a quelle di Ranyer e di bruciare tutte le cittadine che si fossero ribellate al nuovo ordine costituito.

Il succesivo 4 maggio, la cittadina di Serra Pedace fu incendiata e rasa al suolo dalle truppe di Giuseppw Bonaparte, affiancate dal brigante Nicola  Gualtieri, conosciuto come “Pane di Grano”,  che decise di affiancare le truppe francesi portanto quanto meno una parvenza  di normalità nelle cittadine silane e fra i Casali cosentini.  A contrastare l’esercito napoleonico e quello di “Pane di Grano” il brigante “Franca Trippa”, Giacomo Pisano per l’anagrafe pedacese, che già il 17 luglio poteva contare un esercito di circa 600 soldati.

Dopo aver attaccato la Città pitagorica,”Franca Trippa” raggiunse dapprima Scandale e San Mauro Marchesato. Il 16 gennaio 1807 raggiunse San Nicola dell’Alto e quindi San Giovanni in Fiore dove però, alle truppe napoleoniche probabilmente meglio attrezzate delle sue, bastarono 400 soldati per sconfiggere i circa 2000 briganti guidati da “Franca Trippa”. In un successivo ma imprecisato giorno di quel freddo mese di gennaio, ecco la rappresaglia contro Parenti, anch’essa quasi rasa al suolo, perché vi erano stati uccisi 83 soldati francesi.

Questi, dopo essersi perduti nei boschi, credettero di avervi trovato riparo ed ospitalità. I superstiti di Parenti, secondo la vulgata più diffusa a Petilia ed a Pagliarelle, raggiunsero l’attale frazione petilina dove, secondo alcuni documenti, esisteva un appezzamento di territorio antropizzato sotto il nome di “Santa Maria Maggiore” appartenente alla Arcidiocesi santaseverinese. Come ricorda Rosaria Garofalo, la “nonnina” di Pagliarelle nata nel novembre del 1924, le prime case di Pagliarelle furono costruite nella zona di “Vartali”. Secondo la leggendaria narrazione di Rosaria Garofalo, l’appezzamento di terreno fu acquistato da due boscaioli di Parenti che vi avevano trovato un tesoro nascosto nel tronco di un albero di cui avevano sentito parlare in una taverna di Parenti.

 A collegare l’arrivo delle famiglie di Parenti a Pagliarelle alcuni cenni sparsi in varie pubblicazioni come il saggio “Policastro Documenti e Ricerche” edito presso la Booksprint nel 2016 da Alberto Fico, ma anche gli scritti  Luigi Maria Greco negli “Annali Della Calabria Citeriore”  nel 1872 e Armando Lucifero nello “Archivio Storico Calabrese” nel 1917.

A testimoniare ancora oggi Pagliarelle e Parenti, non solo il comune culto verso la Madonna del Carmelo, ma anche la varietà linguistica dei due Borghi silani.  “Il linguaggio dialettale di Pagliarelle – osservano Francesco Cosco ed Anna Maria Cosco in “Nella Lingua la Storia” edito da “Calabria Letteraria Editrice” nel 1999 – è comunque caratteristico della Calabria settentrionale con inequivocabili segni sia morfologici che fonetici cosentini. E’ presente fra l’altro il fenomeno della sonorizzazione delle consonanti sorde post nasali tembo al posto di tempo, sendo al posto di sento ed anche fenomeni di ipercorrettismo, con quanto al tempo di quando, tutti aspetti caratteristici della Calabria cosentina”.

Francesco Rìzza

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