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Il Marchesato crotonese? Non fu sempre un territorio fra i più marginali del Sud italiano. Ci fu, infatti, un lungo periodo in cui la Metropolia di Santa Severina fu per importanza una delle maggiori del Meridione italiano pur essendo chiamata ad amministrare un territorio poco più ampio dell’attuale provincia di Crotone. E’ nato, per esempio, proprio a Santa Severina il primo papa “guelfo” della storia cattolica: Zaccaria che succedette nel 741 a Gregorio III. Gli storici atribuiscono proprio a Zaccaria la prima organizzazione temporale, grazie agli accordi con i Longobardi contro il potere bizantino facendo della Chiesa il terzo potentato del suo tempo. Altri due Papi “santi” nacquero nel territorio della sua Arcidiocesi, il cui territorio è poco più ampio della provincia di Crotone: sant’ Antero nato nell’antica Petilia, l’attuale Strangoli, e San Zosimo dell’antica Reatio, l’attuale Mesoraca.
Al tempo del Concilio tridentino gli storici Francesco Le Pera e Salvatore Pancari nel saggio “Santa Severina, la Metropolia, i suoi Metropoliti” osservano come “il movimento di Controriforma nella Metrpolia di Santa Severina ebbe inizio presto con il cardinale Santoro quasi di pari passo, oseremo dire, con quello della Diocesi di Milano retta da san Carlo Borromeo del quale il nostro era legato da profonda amicizia”. Proprio per le direttive di colui che la Calabria storia ecclesiastica ricorderà come “il cardinale Santaseverina” nell’ Entroterra del medio Jonio fu avviata un’importante modernizzazione del Cattolicesimo anche nella formazione del Clero, grazie agli episcopati di Antonio Giulio Santoro (1556 1572), di suo fratello che gli succedette a guida dell’ Arcidiocesi Francesco Antonio Santoro (1573, 1586) e del successore di quest’ ultimo, Anfonso Pisani che fra i primi metropoliti calabresi a pubblicare, nel 1597, gli atti dei “Sinodi diocesani”. Ciò nonostante, in quella fase storica non fu fra le più floride per il Crotonese.
Come osservano Le Pera e Pancari “mentre una parte della Calabria sul finire del 1500 fu investita da una ripresa economica, nella nostra terra si evidenziano fenomeni che potremmo definire critici ed antitetici alla linea di sviluppo nascente, come le continue appropriazioni indebite da parte dei Baroni e dei privati di terre appartenenti al demanio, attraverso il disboscamento della foresta silana, il dissodamento dei terreni ed il pascolo abusivo”.
Ma chi era Giulio Antonio Santoro? Nato a Caserta nel 1532 e noto alle cronache del tempo per essere stato l’inquisitore che mise al rogo Giordano Bruno contribuendo anche alla condanna di Tommaso Campanella. Oltre ad essere una delle maggiori menti del Concilio Tridentino e consigliere di ben 5 papi, partecipò a ben cinque concistori, ma i suoi colleghi cardinali non vollero eleggerlo sommo Pontefice per la sua intransigenza. Nonostante sia stato ordinato arcivescovo di Santa Severina ma per impegni presso il Vaticano non potrà mai arrivarvi, vi nominò come proprio vicario lo zio Benedetto Baraducci chiamato ad attuare il suo programma di riforma.
Negli anni successivi, a Santa Severina, sorsero il palazzo diocesano attiguo alla Cattedrale dedicata a Santa Anastasia, fu fondato il seminario, e fu anche ricostruita la basilica di San Bartolomeo nella cittadina di Isola Capo Rizzato, suffraganea di Santa Severina, dove fece arrivare da Roma le reliquie dello stesso Apostolo. Ad accogliere le volontà del cardinale Santoro, comunque una cittadina alquanto acculturata erede di un centro degli Enotri a difesa della valle del Neto. Dalla Metropolia, inoltre, dipendevano ben sei diocesi suffraganee.
Importante fu il ruolo della metropolia santaseverinese anche al tempo del Santoro. Basta pensare che il 6 gennaio 1600 l’arcivescovo Alfonso Pisani dovette bruciare in un pubblico rogo svolto in piazza Campo un buon numero di libri messi all’ indice. Delle cronache del tempo si apprende, infatti, che furono messi al rogo alcuni saggi di Melantone, Monaco e teologo luterano, la traduzione in volgare delle Sacre Scritture, alcuni libri di Galeno, medico dell’ Imperatore romano Marco Aurelio ritenuto scomodo dagli inquisitori per quell’importanza data all’anatomia, i “Carmina priapea” attribuiti a Virgilio, la “Cosmografia” di Sebastian Munster ed i sermoni di Gerolamo Savonarola. Si ritiene che gli stessi libri erano collegati ala Comunità Valdese di Guardia Piemontese e la loro presenza a Santa Severina testimonia la presenza di studiosi interessati ad informazioni delle ultime tendenze del pensiero politico, filosofico e scientifico dell’ Europa.
Francesco Rizza
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