Spigolature storiche: dalla greca Sibari alla cristiana Turi.

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Sibari fu un’ antica colonia fondata sulla Costa jonica calarsene verso la metà dell’ottavo secolo avanti Cristo da una popolazione achea proveniente dal Peloponneso. “Il sito della primitiva città – si osserva nel portale on line della “Treccani” – può considerarsi ormai accertato in località Parco del Cavallo. Tra VII e VI secolo avanti Cristo  le si attribuiva un perimetro urbano di oltre nuove chilometri e più di 300.000 abitanti e conquistò la supremazia sulle città vicine: l’eccessiva floridezza sembra però che ne accrescesse a dismisura la mollezza e il fasto, tanto che in una famosa battaglia (510 avanti Cristo)  sul fiume Traente i Sibariti furono sconfitti dai Krotoniati. La città non fu completamente distrutta e grazie al decisivo intervento di Pericle  (444   avanti Cristo) fu fondata la colonia panellenica di Turi, che però non si sovrappose perfettamente all’antica Sibari. L’impianto urbano del nuovo centro, a strade ortogonali, è attribuito al celebre urbanista Ippodamo di Mileto. In età romana Turi (Thurii) venne per metà inglobata dalla colonia di Copiae e per metà abbandonata, divenendo spazio rurale“. 

Sulla sommità del colle  Timpone della Motta esistette un imponente santuario extra urbano. Sulle pendici dello stesso colle  sono state messe in luce le tracce di un insediamento enotrio del bronzo Medio e resti di capanne dell’età del ferro, con la relativa necropoli in contrada Macchiabate. Dal santuario provengono numerosi reperti ceramici, statuette fittili, vasi, armi e oreficeria oltre a una lamina d’argento dorato decorata a sbalzo databile al sesto secolo avanti Cristo.

 Come osserva Gianni De Simone ne “Il CalabrOne – Speciale Sibari”(dicembre 2014) il Museo archeologico della Sibaritide è stato “edificato ex novo ed inaugurato nel 1966  sorge al centro della Piana di Sibari, a breve di stanza dal Parco archeologico, nel comune di Cassano allo Jonio. Ospita reperti provenienti dalle aree archeologiche dell’antica Sibari: Parco del Cavallo, Prolungamento Strada, Casa Bianca e Strombi nel territorio circostante. L’allestimento museografico è organizzato secondo il criterio espositivo della cronologia: dall’Età della protostoria fino all’Età romana”.                                                                                                                                

Nel corso dei secoli, l’antica Sybaris godette una fama di popolazione molle, dedicata a pranzi succulenti  e, spesso ai vizi.  Fu veramente così? Evidentemente, in questo nome qualcosa si vero dovette esserci ma come osserva Ulderico Nisticò ne “Il CalabrOne – Speciale Sibari”(dicembre 2014) “la voce che gli abitanti di Sybaris fossero dei ricchissimi e corrotti sibariti, lo si deve in gran parte alla propaganda krotoniate e pitagorica,e a un po’ di aneddoti nei “Deinosofisti” di Ateneo o dei comici Aristofane nelle “Vespe”; con ciò chi scrive non intende cadere nella logica binaria, ovvero,  se non erano tanti corrotti erano dei santi. Erodoto tramanda  che volevano far concorrenza alle gare di Olimpia, mettendo in palio corone d’oro e non d’umile  ulivo; ma senza grande successo”. 

 Imponente fu certamente la sua forza militare. Negli anni, infatti, estese il suo dominio su 25 sub colone sul Tirreno calabrese dal Lametino alla campana Paestum e nella Sila; prevalentemente negli istmi colleganti i due mari calabresi. Nel periodo romano, come aggiunge Nisticò, Sybaris “sarà la prima città greca a rivolgersi a Roma, che dai Lucani la difenderà. Nel 198 vi sarà dedotta una colonia latina, con il nome ufficiale di Copia. Si vollero di Turi – successiva cittadina di Sybaris – i santi papi Telesforo e Dionigi” ma nel frattempo era arrivato quell’evo cristiano che, particolarmente col monachesimo italo greco, lasciò numerose tracce in questo lembo calabrese.    

Francesco Rizza

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