“Racconti Meridiani” di Luigi Capozza: “L’ estate del ’56”.

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L’estate successiva alla morte del padre non si andò a villeggiare. Era costume allora che si tenesse lutto stretto, come si diceva, almeno per un anno. Le donne dovevano vestire con abiti in nero e gli uomini dovevano portare la cravatta nera o almeno, se non si usava la cravatta, un grande bottone di stoffa, anch’esso nero e cucito o spillato su un risvolto della giacca o del cappotto, o della camicia o della maglietta. Quel tipo di bottone era obbligatorio anche per i piccoli e gli adolescenti.

Solo per la seconda estate successiva si programmò di trascorrere le ferie al mare, ma non ancora a Barracco dove avevano casa, bensì alla marina di Pignatelli, luogo più tranquillo e appartato e ritenuto perciò più costumato per il mezzo lutto dopo il lutto stretto.

La marina, ancora incontaminata, era distante pochi chilometri dai centri abitati. L’ampia spiaggia di rena bianca e finissima si immergeva in un mare trasparente e d’un azzurro sempre più intenso verso l’orizzonte.

All’epoca, vi andavano a villeggiare le poche famiglie benestanti dei paesi del vicino entroterra. Solo le domeniche e negli altri giorni di festa vi si recava qualche nucleo familiare del popolino.

Per i ragazzini quelle persone rappresentavano un insolito e affascinante spettacolo, data la consuetudine delle donne di fare il bagno con una sorta di camiciona da notte nera senza maniche, mentre gli uomini e i giovanotti indossavano una specie di mutandone. I piccoli stavano nudi.  

Arrivavano di primo mattino e si sistemavano ad una certa distanza dalla spiaggia dei capanni. Costruivano velocemente una specie di pagliaio con rami trovati nel boschetto a ridosso della spiaggia, coperto da teli portati da casa, e lì sotto mangiavano e si riparavano dalla calura. Verso sera poi ritornavano al paese.

La famiglia di Andrea, quell’anno, aveva preso in affitto un capanno piuttosto ampio e costruito come tutti gli altri nel mezzo dell’ampia spiaggia su delle corte palafitte con tavole di legno ad incastro e numerate progressivamente, in modo che a fine estate potessero essere smontate e riportate a casa ben ordinate e pronte per la successiva stagione.  

La vita si svolgeva praticamente sulla spiaggia per tutta la giornata. Al mattino e al pomeriggio  si faceva  il  bagno; alla  sera,  dopo  cena, i grandi   si  dedicavano  ai  loro giochi di  società come, attraverso espressioni figurate, indovinare di quale proverbio o di quale personaggio storico oppure della cronaca si trattava,  mentre  i  più  piccoli si organizzavano per giocare alla guerra francese, oa nascondino e tana, o a guardia e ladri o alla guerra per bande.

Quell’estate, tuttavia, si rivelò per tanti, ancora imberbi, la più stramba, in un certo senso, della vita. Per Andrea ricca anche di esperienze straordinarie. Soprattutto per l’incontro con lei.

Stava bene assieme a lei e lo affascinava quella sua grazia quasi di donna adulta. I giovanotti, quando compariva sulla spiaggia, si fermavano a guardarla e a confabulare tra di loro con sorrisetti maliziosi.

Ai primi di agosto, purtroppo, andò via. Suo padre, funzionario prefettizio, doveva riprendere urgentemente servizio, e Andrea rimase solo nell’imprevisto turbamento del suo acerbo innamoramento.

Erano parenti della sua famiglia per via della madre di Giulia e vivevano in un’altra regione, ma quell’anno avevano deciso di villeggiare lì alla marina di Pignatelli, prendendo in affitto anch’essi un capanno.

Giulia era un po’ più grande di lui e lì per lì Andrea rimase sconcertato ed estraneo ai suoi modi gentili sì ma distaccati e non riusciva a riconoscerla come compagna di giochi. Era intimorito.

Col passare dei giorni invece avvertì un rimescolio interiore e non vedeva l’ora di rincontrarla, di trovare una qualche scusa per starle vicino. E vennero in soccorso di quella sorta d’infatuazione proprio i giochi serali.

Una di quelle sere, turbato più del solito per la vicinanza di Giulia, le prese d’impulso la mano col cuore che gli balzava in gola. Con suo grande stupore, lei non la ritrasse.

L’indomani mattina rimase di nuovo sorpreso. Lei sapeva già nuotare bene e osava andare al largo; Andrea invece aveva paura ad avventurarsi più in là di dove si potesse toccare il fondo del mare coi piedi e restando con la testa fuori dall’acqua. All’improvviso Giulia si allontanò da lui di qualche bracciata e lo sfidò a raggiungerla. Indugiò interdetto. L’umiliazione gli arrossava il viso. Lo smarrimento però non durò a lungo. Indispettito ed eccitato, prese coraggio e si industriò a raggiungerla nuotando, così si diceva, come un cagnolino.

 Giulia rise con allegria e con una punta di malizia. Ma da allora anche il mare un po’ al largo divenne un loro luogo d’incontro. Qualche volta, poco dopo l’alba, tutti i piccoli amici andavano a cavare telline lungo la battigia. Altre volte, quando arrivavano i pescatori, correvano a riva per ammirare i gozzi pieni di pesci, intanto che i grandi contrattavano l’acquisto chi di trigliozzi, chi di surici, chi di sarde …

L’estate sembrava non dover finire mai. E invece per lei contava i suoi ultimi giorni. A breve la famiglia sarebbe dovuta partire. Alla notizia, Andrea si immalinconì e quella volta, mentre parlavano, fu lei a prenderlo per mano. Era appena fatta sera e da quel momento diventarono inseparabili.   A dire la verità, all’epoca non sapeva decifrare compiutamente quel nuovo sentimento, quella imprevista tristezza. Giulia partì qualche giorno prima di ferragosto. E la spiaggia per lui si fece vuota e irreale.

Non la rivide più. Per qualche tempo risentì parlare in famiglia di quei parenti e al nome di Giulia diventava tutto rosso in viso, così che i suoi fratelli più grandi, che naturalmente si erano accorti della loro complicità, lo prendevano in giro con sorrisetti maliziosi e battutine.

Il padre di Giulia  era  stato trasferito  in  una città del Nord e la loro vita ormai si svolgeva là. Era difficile, faticoso e costoso a quel tempo, infatti, affrontare un viaggio con tutta la famiglia così lungo come dal Nord al Sud. Qualche volta arrivava da solo suo padre per affari di proprietà. E dunque non si rividero più, ma ad Andrea rimase dentro per sempre quella sua figura di adolescente adulta.

 Chissà, di tanto in tanto si chiedeva, se anche lei lo ricordava ancora.

A settembre il clima divenne più dolce, l’aria si fece come più leggera e quasi attraversata da una incerta nostalgia. La luce aveva perso la violenza agostana e il mare era stranamente più caldo e più calmo. Qualche volta veniva una breve pioggerella, che divertiva ancora di più i bagnanti, che si buttavano in mare tutti felici, quasi a danzare avvolti nell’acqua di cielo e di terra.

La partenza di molte famiglie, però, contribuiva a rendere l’atmosfera più rarefatta e silenziosa. Erano sensazioni che avvolgevano anche i ragazzini, sia pure in modo vago.  Andrea prese l’abitudine, dopo un breve bagno, di rientrare nel  capanno a leggere, mentre i familiari si attardavano a fare il bagno o a chiacchierare coi vicini seduti sulla battigia a prendere il sole.

Aveva voglia di star da solo. E fu in uno di quei giorni che un ragazzino entrò con la scusa di chiedere del sale in prestito per conto della madre. Glielo diede, ma vedeva che, dopo averlo ringraziato, indugiava. Era un vicino di capanno che raramente si univa agli altri. Il più delle volte, anche di sera, se ne stava seduto sulla verandina con gli occhi chiusi o a leggere giornaletti. Serviva messa il giorno che il sacerdote veniva a celebrarla all’aperto sulla spiaggia. Le rare volte che si univa a loro, veniva inseguito da raccomandazioni stridule e d’ogni tipo della mamma. E loro, per questo, lo sfottevamo un po’.

Divenne la compagnia di quei giorni di fine estate. Da quel momento, infatti, gli appuntamenti divennero quasi quotidiani e passavano il tempo a leggere fumetti e a “raccontarsi”. Venne il tempo per tutti però di rientrare al paese.  Salutarsi tra i pochi compagni rimasti fu comunque mesto. Li attendevano la riapertura della scuola e, parafrasando Leopardi, la tristezza e noia che recheran l’ore. Ma anche la speranza di riprendere a giocare per le strade.

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