Racconti Caccuresi di Giuseppe Marino: I DUE BANDITORI

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Non ho mai capito se c’era una particolare vocazione nei giovani di allora nel mettere uno contro l’altro i vecchi o, se, piuttosto, non fossero proprio loro, i vecchi di quella generazione, particolarmente litigiosi e brontoloni; quel che è certo è che non c’era giorno che Dio mandasse sulla Terra senza una bella lite tra arzilli vecchietti che finiva, fortunatamente, annegata in una bottiglia di vino o forse no … forse nell’acqua col quale l’oste Peppino lo annacquava. Le più spassose erano però, quelle tra mastro Arturo e zu Giuseppe, i due banditori del paese.


Quando in piazza si sentiva la trombetta di mastro Arturo “Tuuu tuuu, tuuuu, in piazza sono arrivati i pesci: alící, vope, sarde, stocco, pesci freschi e saporiti ” un giovinastro tra quelli che stazionavano in permanenza in piazza, volgendo le spalle a zu Giuseppe e fingendo di non vederlo, attaccava: “Che voce, che voce portentosa quella di mastro Arturo. E come è chiara! Questi si che sono bandi, altro che quelli di zu Giuseppe! E poi si fa pagare anche di meno: solo sei soldi, invece di una lira e mezza.” Zu Giuseppe rizzava le orecchie, mentre le narici cominciavano a fumare.


“Si, si, è vero, mastro Arturo se lo beve a zu Giuseppe, riprendeva un altro di quei bighelloni, proprio mentre riecheggiava ancora una volta il suono della trombetta e mastro Arturo sbucava da un vicolo, con quei polmoni può buttare bandi da mattina a sera. E poi, a differenza di zu Giuseppe, è sempre sobrio; mai una volta che beva un goccio”.


A questo punto zu Giuseppe, cotto a puntino, scoppiava e si lanciava contro il malcapitato mastro Arturo che, facendosi pagare di meno, gli toglieva il pane di bocca. Mastro Arturo, con gli occhi iniettati di sangue per una congiuntivite cronica e per i numerosi bicchieri tracannati, si lanciava a sua volta sul rivale, mentre i giovinastri, fingendo di accorgersi solo allora della presenza di zu Giuseppe, dividevano i contendenti e fingevano di rabbonirli con argomenti studiati apposta per attizzare la lite. Poi dopo un bel pezzo, la stanchezza aveva il sopravvento ed i due vecchi, scolato l’ennesimo, bicchiere per bagnarsi la gola secca per la lunga litigata, si avviavano barcollando verso casa.


I giovani lì seguivano per un pezzo con lo sguardo attendendo il momento più spassoso. Qualche minuto e si sentiva lo squillo prolungato della trombetta di mastro Arturo che rincasando aveva trovato l’uscio chiuso: “Tuuuuuuu, tuuuu. Chi tiene in casa Concetta mia la cacciasse fuori perché non ho le chiavi.”

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