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Là dove la Calabria ha il suo punto più stretto ed il Tirreno con lo Jonio sembrano volersi accarezzare, Marcellinara è un ridente Borgo che dà il proprio nome all’istimo in cui nacque il toponimo Italia. Misteriose le origini della cittadina, ma secondo l’archeologo Armin Wolf proprio quest’area avrebbe ospitato, in quella che era la terra dei Faeci, la mitica Scheria descritta da Omero.
Proprio in un punto del tratto marcellinarese del fiume Amato, forse vicino all’attuale stazione ferroviaria, Odisseo avrebbe incontrato la bella Nausicaa, che dopo averlo sfamato e rivestito, lo accompagnò da suo padre, il re Alcinoo re dei Faeci nella splendida reggia allora esistete nei pressi di Tiriolo, capitale del suo Regno. Relativamente al nome del Borgo un’altra tradizione racconta che a seguito della distruzione di una certa Omelea, i sopravvissuti cittadini del borgo ricostruirono la città e la chiamarono “Marcellus in ara” (“Marcello nell’altare”)probabilmente in onore del martirio del loro vescovo. Fonti storiche più redenti raccontano, invece, che la cittadina sorse durante la guerra dei Vespri Siciliani, quando il suo territorio apparteneva alla Baronia di Tiriolo che, a sua volta, faceva parte del Feudo dei Ruffo di Calabria, Conti di Catanzaro fino al 1445.
Fu in questa fase storica che il re di Napoli, Afonso I d’Aragona, proclamò la terra di Marcellinara feudo di Niccolò Sanseverino: un nobile che lo aveva aiutato durante l’assedio di Catanzaro contro Antonio Centelles che rappresentava quell potere angioino ormai in decadimento. Ecco sorgere, quindi, proprio a Marcellinara fra i rami della Signoria dei Sanseverino, quello che durò più a lungo a dominare un proprio territorio. Il dominio di questo casato, infatti, proseguì fino al 1811 quando al tempo della dominazione napoleonica, Marcellinara divenne libero Comune facente parte prima del cantone di Monteleone e quindi di quello di Tiriolo.
Il patrono della cittadina è San Francesco da Paola che avrebbe alloggiato nel palazzo dei Baroni al tempo del suo viaggio in Sicilia e durante il suo soggiorno avrebbe predetto che il ramo dei Sanseverino di Marcellinara sarebbe stato l’unico della casata a sopravvivere nei secoli. Medesima fortuna, però, non toccò al palazzo baronale che fu distrutto dal terremoto del 1783 unitamente a numerose chiese del centro storico. In questo scenario, l’arte della seta ebbe un importante sviluppo al tempo in cui Catanzaro era già famosa in tutta Europa, dove riusciva ad esportare i suoi preziosi damaschi presso nobili e aristocratici.
Francesco Rizza
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