L’occupazione napoleonica in Calabria e le lotte fra il Cosentino ed il Crotonese.

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Era il 1806 quando, dopo la sfortunata esperienza della Repubblica partenopea e l’avvento del cardinale Ruffo che soppressero ogni sogno di novità, l’Italia meridionale fu conquistato dalle Truppe francesi di Giuseppe Bonaparte. Dal punto di vista amministrativo si diede subito una nuova amministrazione allo Stato con la divisione del Regno in distretti e circondari.

 Policastro fu inserita nel distretto di Catanzaro insieme ad altri 61 centri e divenne sede di un circondario comprendente, al di là dell’attuale Crotonese, le “università” di Tiriolo, Taverna, Serrastretta, Soveria, Squillace, Gasperina, Davoli, Cropani e Guardavalle. All’originaria soddisfazione della popolazione per la fine della dominazione borbonica seguì ben presto il triste disincanto per la nuova gestione del potere.    

   “Appena la popolazione – scrive Alberto Fico in “Policastro. Documenti e Ricerche” (Booksprint 2016) – ebbero modo di ricredersi delle reali volontà di conquista piuttosto che di liberazione della distribuzione della proprietà e da quella che chiamavano tirannide”.

“I cittadini – continua Fico – già colpiti dalla carestia nascondevano le derrate di ogni tipo per cui i soldati francesi non avendo altro di meglio per sfamarsi che requisire con le armi quanto riuscivano a trovare nelle case private; ciò creò uno stato iniziale di sfiducia che si trasformò in totale rifiuto anche per la condotta immorale e libertina dei soldati nei confronti delle donne al punto che la difesa dei beni e delle famiglie ben presto si trasformò in locali rivolte, i cui autori perseguitati dalla legge andavano ad ingrandire le fila dei briganti oppure dei controrivoluzionari. Pertanto il secolo XIX si presentò in maniera anonima e solita per le popolazioni gravitanti nel territorio del Marchesato di Crotone”.  

 Nel Marchesato di Crotone, fra il 1806 ed il 1807 arrivarono le truppe del generale Reyner registrabdi a resistenza della popolazione e ci furono nuovi scontri. “La punizione per la polazione di Isola – scrive Armando Lucifero in “Crotone dal 1800 al 1808” (Tipografia Pirozzi, Crotone, 1922) – fu questa volta esemplare e terribile perché tutto il paesello fu sacchegiato e bruciato, quant’unque si erano difesi con eroismo. Il primo regimento che si era insediato coà non risparmiò neanche le campagne circostanti dove si erano rifugiati i Naturali, applicarono il fuoco e per coprire questi eccessi si asserì che fosse opera degli stessi Isolani”.

 Il 12 marzo del 1806, le truppe di Reyier occuparono Cosenza e lo stesso generale fu nominato comandante militare della Città. il 30 marzo Napoleone Bonaparte nominò re di Napoli il fratello Giuseppe che arrivò nella “Capitale brutia” il 13 aprile ed ordinò la costruzione di una strada denominata “delle Calabrie”.

Per la sua relizzazione costruì una compagnia di operai che alloggiavano presso che era stato il convento dei Gesuiti. Il 7 luglio 1806 le truppe del generale inglese Stuart sbarcarono nei pressi di Sant’Eufemia con circa 5 mila uomini e successivamente, sostenuto da alcuni guerriglieri calabresi, respinse nella “Bataglia di Maida” i 6 mila soldati francesi guidati ancora una volta da Reynier.                                                      

“La sollevazione – osserva lo storico Luigi Intrieri nel proprio saggio all’interno del volume “Cosenza, storia, cultura ed economia” (Rubbettino1991) – divenne generale. Il 9 luglio Verdyer lasciò Cosenza portandosi dietro alcuni nobii filo borbonici come ostaggi. Prima di partire, tuttavia, stipulò un accordo con i capo massa di Bisignano, che si impegnarono a non attaccare la città, pregò l’arcivescovo Dentrice d’intervenire a favore dei militari feriti, affidò donne e fanciullu alle badesse dei monasteri ed al capitano borbonico Nicola Vitasi l’ordine pubblico, la casa dell’esercito e gli incarmamenti fidandosi della sua probità; questi, infatti, li custodì a rischio della propria vita”.      

 “Ad otto miglia da Cosenza – aggiunge Intrieri – Reyier lasciò liberi gli ostaggi, facendosi prima promettere che non avrebbero permesso il saccheggio della città, ma fu inutile: ormai incntrolabili le masse dei ribelli si precipitarono in Cosenza e si diedero al saccheggio ed alle vendette private. Lo stesso vescovo Dentrice si salvò a mala pena. I  300 feriti francesi vennero salvati solo perché intervennero personalmente a loro difesa alcuni nobili cosentini”.

Ad un altro generale, Massena, fu dato ordine di intervenire anch’egli per la riconquista cosentina. L’8 luglio Messena bruciò lauria ed il 14 arrivò a Cosenza. La città fu risparmata perché aveva curato i soldati francesi, ma sino a gennaio dell’anno successivo furono condannati a morte almeno 344 insorti. Contemporaneamente furono bruciati tutti i paesi che aiutavano i briganti, non accettando il nuovo ordine costituito. Sul Tirreno cosentino la capitale dei rivoltosi fu Amantea dove gli arresti degli insorti continuarono almeno sino al 1811.

Nel Casali cosentini altre rivolte si registrarono a partire dal 4 maggio 1807 a Serra Pedace che fu incendiata dalle truppe francesi, ma anche a Soveria, Longobardi Amantea e FIumefreddo. A contrastare l’esercito napoleonico nel Cosentino il brigante “Franca Trippa”, Giacomo Pisano per l’anagrafe pedacese, che il 17 luglio 1807 poteva contare su un esercito di 600 soldati, mettendo in difficoltà sia l’esercito francese ma anche quello di Nicola Gualtieri che, fin 13 luglio, era riuscito a tenere in ordine Cosenza e la sua Provincia.

Per quanto riguarda il Crotonese, nel Marchesato, anche questo territorio fu scenario di scontri. Gustavo Valente, nel saggio “Dal Viceregno spagnolo all’Unità d’Italia” inserito nel volume “Crotone: storia, cultura ed economia” (Rubettino 1992), osserva che le truppe francesi dovettero occupare con la violenza la Città pitagorica con il generale Reyneir che avrebbe voluto abbattere le mura della città. “Per fortuna – osserva lo Storico – allora,  quella mortificazione urbana fu evitata, stante l’impossibilità economica di far fronte alle spese che dovevano essere a suo carico”.                                                          

Fonti storiche attestano che il territorio crotonese, già dalla fine del XVIII secolo aveva registrato la presenza delle cosiddette “Truppe di Massa “costruite da Pedacesi, Caccuresi, Sangiovannesi che infestavano le campagne unitamente ad altre squadre provenienti da Grimaldi, da Savelli e da Vico d’Aprigliano. Aggiunge, quindi Valente che “Il Marchesato intero restava sotto la minaccia permanente di bande numerose e crescenti che organizzate in luoghi anche lontani, giungevano all’improvviso anche nei punti più impensabili”.

Fra la fine del 1806 e gli inizi del 1808, dopo aver attaccato Crotone, “Franca Trippa” raggiunse dapprima Scandale e San Mauro Marchesato. il 16 gennaio 1807 arrivò a San Nicola dell’ Alto e, quindi, a San Giovanni In fiore dove, però, venne sconfitto dalle truppe napoleoniche. Nello stesso periodo si registrò, ancora in provincia di Cosenza, l’incendio di Parenti da parte dei soldati francesi ed i suoi reduci trovarono riparo nelle montagne policastrese dove sarebbe sorta la frazione di Pagliarelle.

Francesco Rizza

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