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Natale di ieri ed oggi nel Crotonese. Un tempo non molto lontano, nel periodo natalizio, si svolgevano le cosiddette Strenne (gruppi di musicisti che accompagnati da una chitarra, un organetto o qualche altro strumento offrivano i loro stornelli bene auguranti alle famiglie amiche), uno strumento musicale ancora oggi importante è la zampogna. In vari territori calabrese, la zampogna è conosciuta anche come la capara che canta. Se lo stesso strumento pastorale è utilizzato nelle varie regioni dell’Italia meridionale dalla Sicilia all’Abruzzo, è proprio nell’Aspromonte che le sue note sono più intense. Secondo alcune leggende la zampogna sarebbe in qualche modo legata alla figura di Pan che poggiato su un cane, ha nella mano destra un bastone e nella sinistra il proprio flauto, cioè la siringa. Il bastone simboleggia tutti gli elementi maschili del cosmo, la siringa tutti quelli femminili. Con l’evolversi del tempo, il bastone di Pan si sarebbe trasformato in un bordone di zampogna, la siringa nel charter con tre fori.
Ciò avrebbe permesso a Pan di armonizzare attraverso il suono, gli elementi maschili del cosmo con quelli femminili. Il collegamento fra la zampogna e il periodo natalizio si collegherebbe al fatto che lo stesso Pan, nel solstizio d’inverno, con la zampogna incoraggiava la rinascita del sole e, in più, dirigeva il caos da lui stesso provocato verso un nuovo ordine cosmico. L’iconografia medievale ben ci informa della diffusione e della varietà morfologica dello strumento. Una leggenda vuole che san Francesco d’Assisi abbia inserito per primo una coppia di suonatori di zampogna nel suo Presepe che da allora è rimasta figure sempre presenti.
Come osservano Antonello Ricci e Roberta Tucci si tratta di “uno strumento emblematico di una tradizione musicale tramandata oralmente e tuttora praticata da numerosi musicisti popolari, depositari di un patrimonio di canti e suoni eseguiti nel ciclico avvicendarsi degli eventi. A questa tradizione che travalica l’ambito strettamente musicale per investire un sistema culturale imperniato su pratiche di vita, comportamenti sociali e forme di devozione religiosa, è dedicato il volume che passa in rassegna gli elementi costitutivi della musica popolare calabrese, dalle modalità di canto alle formazioni strumentali, e ci svela i codici formali ed espressivi di un’originalissima produzione culturale. Forme di canto distribuite in una pluralità di stili locali – aggiungono i due studiosi – strumenti mutuati dal mondo del lavoro, derivati da oggetti di uso quotidiano, “inventati” dall’ingegno popolare o prodotti da una secolare tradizione artigianale, indicano la complessità di una tradizione musicale dotata anche di un suo specifico repertorio, basato prevalentemente su tarantella, pastorale e canzone”[1]. Altra tradizione del Crotonese, presente per esempio a Rocca di Neto, è la visita a ‘u Mimminuzzu che famiglie amiche si scambiano fra il 25 dicembre ed il 6 gennaio. Partendo da una pubblicazione di Elena Spina, è stato presentato un progetto per la valorizzazione delle tradizioni popolari a cura della Pro Loco presieduta da Giovanni Fabiano. Dal punto di vista gastronomico, quella del Natale è principalmente la festa del fritto, ma anche delle case che odorano di pietanze dai sapori antichi e delle grandi abbuffate. Il Natale è anche il trionfo della cucina tradizionale che celebra i prodotti locali in un susseguirsi di piatti colorati e gustosi.
Dai primi ai secondi e poi dolci, ai vini e ad un po’ tutte le specialità dei territori. Un solo pranzo non basta per deliziare il palato ma le tavole di tanti calabresi, il 25 dicembre, rimarranno imbandite fino a sera. Ancora nella cena della Vigilia non si mangiava la carne conservata per il giorno successivo. Comunque si guardavano 13 pietanze come il numero dei presenti all’ultima cena o nove come i mesi gravidanza. I piatti consumati erano a base di ortaggi come broccoli, cavoli, zucche, rape, cipolle e i peperoni, il pesce azzurro come le sarde e le alici o quello essiccato come il baccalà. Nei centri montani non mancava mai la “pasta mulinata” preparata con mollica di pane, acciughe e sarde. Come nel resto della Calabria era diffusa l’usanza da parte dei proprietari terrieri di ricevere dai contadini che lavoravano le loro terre dei capponi o grandi cesti di frutta ricambiandoli con nove cose come torroni, frittelle, pasta, pane, vino.
Di seguito alcune ricette dei dolci natalizi del Crotonese, partendo dalla più nota.
Pitta ccu passule – Ingredienti 500 grammi di farina bianca, 100 grammi di zucchero, 100 grammi di strutto, 150 grammi di una passa, 150 grammi di gherigli di noce, 100 grammi di mandorle tostate, 3 uova, 3 cucchiai di miele di castagno, un cucchiaio di cannella macinata e chiodi di garofano macinati, un pizzico di sale, vincotto. Preparazione Impastare la farina unita con l’acqua, le uova, 70 grammi dello zucchero, il vincotto e parte delle spezie. Stendere la sfoglia un po’ spessa e metterla da parte. Stendere una seconda sfoglia della consistenza dell’alabastro e di diametro e di diametro doppio rispetto alla prima. Stenderla e coprirla del miscuglio ottenuto dall’amalgama degli altri ingredienti. Coprire con l’altra metà e tagliare ciò che è stato ottenuto in strisce di circa due dita ciascuno, ricavare un rotolo con cui ottenere tante roselline disposte a cerchio. Porle sull’altra sfoglia, fissarle con un filo doppio di cotone, mielarle ed infornarle nel forno già caldo per circa un’ora.
Ciciarata – Ingredienti (per 6 persone) 400 grammi di farina, 4 uova, un cucchiaio di strutto, miele, olio extravergine di oliva, limone. Preparazione: Impastare la farina con le uova e lo strutto e lavorare sino ad ottenere un impasto piuttosto morbido. Formare, quindi, dei bastoncini sottili e tagliarli a piccoli pezzi. Friggerli in abbondante olio e, quando sono cotti, metterli ad asciugare su della carta assorbente. Ancora caldi immergerli nel miele anch’esso riscaldato. Versare il composto su un piano di marmo oliato. Bagnare con il succo di limone e dare al tutto la forma di ciambella. Lasciare riposare e servire freddo.
Crocette di Fichi Ingredienti (per 4 crocette) 16 fichi secchi, 4 noci, la scorza di un mandarino o di una arancia, zucchero e cannella quanto basta. Preparazione: tagliare i fichi a metà partendo dal fondo in modo che restino attaccati dall’estremità superiore. Iniziare a comporre le “Crocette” disponendo due fichi orizzontalmente e due verticalmente, tutti con la polpa verso l’alto. All’interno di ciascuna metà ponete un pezzo di noce, sovrapporre gli altri due fichi questa volta con la polpa verso il lato inferiore. Dopo aver premuto le crocette per far aderire bene il tutto, disporre le “Crocette” su una teglia da forno, cospargere di zucchero, le scorze d’agrume ed informare a temperatura di 180° per alcuni minuti.
Crustuli – Ingredienti: Acqua, 4 chili di farina, 2 chili di patate, 50 grammi di lievito di birra, sale, olio. Preparazione: Bollire le patate in una pentola per circa 20 minuti, scolarle, raffreddarle con dell’acqua fredda corrente e sbucciarle. Setacciare la farina su una spianatoia di legno ( ‘u timpagnu) o in una scodella abbastanza ampia, aggiungere l’acqua, il sale ed il lievito. Quando l’impasto ha raggiunto la consistenza desiderata, coprirla con un canovaccio da cucina e lasciare lievitare per qualche ora. A lievitazione conclusa, versare l’olio in una padella capiente e riscaldarlo. Modellare la pasta in piccole porzioni a forma di ciambelle. Immergerle nell’olio e farle friggere.
Francesco Rizza
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