Il Mercurion: luogo di arte e fede fra Calabria e Lucania.

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Col nome del  Mercurion s’identifica un ampio territorio che dal Pollino divaga verso il Tirreno ma, principalmente, verso lo Jonio non solo calabrese ma anche lucano. Fu questa l’area dell’ Italia meridionale dove il culto ortodosso ebbe maggiori radici in Calabria, prevalentemente nella Piana di Sibari. L’origine del nome potrebbe essere riferita al dio  Mercurio o in alternativa a San Mercurio di Cesarea.

Questo territorio aveva un’area geografica ben riconoscibile nei bacini del Mercure e la media e bassa valle del fiume Lao. A Sud i suoi confini erano quelli dalle pendici occidentali ed orientali del massiccio del Pollino, mentre a Nord è delimitata dalla valle del Sarmento e ad ovest dal monte Sirino. Ecclesiasticamente era organizzato come un’eparchia monastica. Politicamente si trovava al confine tra l’Impero Bizantino e le terre longobarde; a partire dal 968 costituì una delle turme del thema di Lucania“..

 La nascita del Mercurion nel VI secolo e la sua successiva evoluzione può essere legata a vari motivi: la crisi iconoclasta, che spinse molti monaci italo greci a cercare rifugio in zone dell’Impero bizantino scarsamente popolate e lontane dalle coste (cosa che garantiva una più facile difendibilità dalle scorrerie saracene; la conquista araba della Siria e dell’Egitto nel VI secolo, e della Sicilia nel IX secolo; la politica dell’Impero stesso, che incentivava la diffusione del cristianesimo ortodosso nelle zone da esso controllate e lo stanziamento dei monaci che permetteva il dissodamento di terre prima improduttive. Il periodo di massimo splendore della zona fu raggiunto nei secoli X ed XI, in cui il Mercurion fu definito nuova Tebaide, e divenne uno dei maggiori centri del misticismo dell’Italia meridionale e della Sicilia, in tale periodo, infatti, vissero o studiarono, presso i monasteri locali, un gran numero di personalità che saranno venerate come santi dalla chiesa, tra cui: San Fantino il giovaneSan Nicodemo da CiròSan Zaccaria del MercurionSan Saba del MercurionSan Luca di Demenna o d’Armento, San Macario Abate e, probabilmente il più importante, San Nilo da Rossano.

Successivamente, con la conquista normanna e la conseguente espansione del rito romano, iniziò la decadenza che porterà i monasteri di rito greco ad essere assoggettati ad abbazie latine, nello specifico allaBadia di Cava quelli ricadenti in territorio longobardo e alla Badia di Santa Maria della Matina quelli in territorio bizantino e, quindi alla liquidazione dell’Eparchia.

 Il Santo più venerato nella Sibaritide, ma anche in altri territori calabresi è quella di san Nicola da Myra, è quella di un Santo “ponte” fra Oriente ed Occidente. Si narra che era un Vescovo vissuto nel IV secolo dopo Cristo che nel Concilio di Nicea del 325 difese a spada tratta l’Ortodossia. Dalla sua biografia, per vari aspetti leggendaria, apprendiamo che nella sua Diocesi di origine era un vescovo molto amato dalla gente, anche perché oltre che dei problemi teologici dei primi secoli del Cristianesimo era molto attento dei problemi quotidiani della gente. Durante una carestia, per esempio, ottenne dei benefici per la popolazione e distribuzioni straordinarie di grano. Ritiratosi dagli impegni diocesani, morì anziano in un monastero della stessa Myra il 6 dicembre 343.

Fin dall’antichità furono numerosi i miracoli che gli furono attribuiti tanto che, in pochi lustri divenne un’icona leggendaria nella Chiesa d’Oriente. Basta pensare che nell’iconostasi del Patriarcato di Russia, quella di san Nicola è la terza immagine più dipinta dopo quella di Cristo e della Madonna. Il suo culto si diffuse ben presto anche in Occidente perché quello di Myra era uno dei porti più importanti della Turchia raggiunto da numerosi commercianti. Dalla stessa Myra, una parte delle sue ossa furono portate a Bari il 1087.

 La diffusione del suo culto ecumenico fu talmente veloce che è databile al X secolo un interessante medaglione trovato in Spagna e conservato nel museo madrileno “Lazzaro Galdino” in cui mentre il nome del Santo è scritto in caratteri greci, le croci sulla sua stola sono di stile latino. La storia narra che le sue Reliquie furono portate a Bari da una spedizione degli armieri Dottula che impegnarono tre navi, sessantadue marinai e due sacerdoti: Lupo e Grimoldo. Ancora oggi, a distanza di secoli, la tomba barese di san Nicola trasuda un olio profumato chiamato “myron” similissimo a quello che si può raccogliere sulla sua tomba turca. A distanza di pochi anni, nel 1099 altre reliquie di san Nicola furono portate a Venezia nell’abbazia di San Nicola al Lido e alcuni studi fatti nel 1952 a Bari e nel 1992 nella capitale veneta attestano che le ossa studiate provengono dallo stesso corpo.

Francesco Rizza

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