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Quella che ci accingiamo a raccontare è la storia di un celeste patrocinio di cui Petilia Policastro ha perduto la memoria, ma che è documentato in appendice al saggio “il Santuario dell’ Ecce Homo, cronologia di una memoria” curato da Francesco Spinelli ed edito nel gennaio 2012.
Fra i documenti pubblicati in appendice al saggio e conservati nel Santuario mesorachese si attesta che era il 3 aprile 1744 e neppure due settimane erano passate dal terremoto del 21 marzo. Allora, nel corso di una pubblica manifestazione svolta nella piazza policastrese “il sindaco del popolo Domenico Bona, affiancato dai consiglieri dei nobili Pier Antonio Ferrari, Lorenzo Martino, Antonio Rocca e Gregorio Rosa e da numerosi sacerdoti chiesero al notaio Marcello Martino di redigere un documento ufficiale con cui la Madonna Immacolata fosse dichiarata “patrona” della cittadina dell’ Alto Marchesato crotonese”.
I presenti, scrive Martino, “asseriscono spontaneamente in nostra presenza come essendosi l’onnipotente Dio giustamente sdegnato dei nostri peccati, causa per la quale vi sono state in questa passata città continue scosse di terremoto che l’hanno ridotta in stato pur troppo lacrimevole e dette scosse tuttavia si vanno ancora sentendo, segno evidentissimo di non essersi ancora placata l’ira di Dio, atteso che le preghiere ed orazioni fatte da tutti i cittadini non sono state esaudite, onde si sta’ col timore subissati dal terremoto per causa dei nostri peccati, la Madonna Immacolata viene nominata “protettrice e padrona della cittadina del Marchesato crotonese”.
Non sappiamo se a quel tempo San Sebastiano martire era già stato dichiarato patrono policastrese. San Francesco da Paola sarebbe invece stato dichiarato compatrono della città da Pio XII il 10 maggio 1946, ma il 3 aprile 1744, i presenti si obbligarono “con giuramento in nome e per parte di detta Università di celebrare in ogni anno la sua santa festa con quella pompa e decoro che li conviene, erogando in ogni anno per detta festa dell’Immacolata Concezione ducati sei da spendersi con l’intervento delli reverendi parrochi di questa suddetta città e procedere alla detta festa e proprio il giorno della vigilia della medesima a digiuno di pane ed acqua o pane e vino secondo la compensassione di cadauno cittadino”.
Qualora i sei ducati non fossero bastati a dare dignità alla festa mariana, continua il diploma, “essi del reverendo clero si obbligano con giuramento “tacto pectore” di celebrare in detta festa gratis tanto la Messa cantata quando il Vespro ed intervenire tutti alla processione, siccome le due Confraternite”.
Come si sia potuta perdere la memoria del patrocinio mariano di Petilia Policastro dove, comunque l’Immacolata p festeggiata ogni anno con un novenario di preghiera nella parrocchia di San Nicola pontefice non è facile saperlo. Una spiegazione potrebbe essere collegata al fatto che nello stesso documento la festa patronale dell’Immacolata era assegnata alla chiesa di Santa Caterina, una delle chiese scomparse nel corso dei secoli dal centro storico petilino. Il documento si conclude “dando la facoltà al procuratore della chiesa di Santa Caterina ove sta’ disposta la sacra statua di detta nostra santa Patrona di poter in ogni anno costringere tanto detti signori del Reggimento quanto detto venerabile clero di osservare quanto di sopra si è promesso essendosi il tutto stabilito in questo atto nella pubblica piazza dove sta’ depositato il Santo Sepolcro, li quali si sono unanimanete obbligati di fare ognuno il suddetto digiuno pane ed acqua o pane e vino e di farsi una santa Confessione nel giorno della festa”. Fra i firmatari del diploma anche don Matteo Lamanna da Mesoraca (1710, 1772) fondatore della chiesa del Ritiro e di una congregazione che molto operò per l’elevazione culturale e religiosa della Calabria mediana e dell’ Arcidiocesi di Santa Severina.
Il culto dell’ Immacolata nella stessa chiesa petilina si intensificò con l’arrivo, nel 1938, della Comunità dei Missionari Ardorini, fondata a Montalto Uffugo, in provincia di Cosenza dal servo di Dio Mons. Gaetano Mauro che proprio nella Cittadina dell’alto Marchesato Crotonese istituirono la propria seconda casa.
Primo fondatore di una famiglia religiosa maschile non in Calabria dopo san Francesco da Paola, don Gaetano Mauro è conosciuto come “il don Bosco della Calabria” per il suo impegno a favore dei giovani che, insieme alla gente dei campi, furono sempre al centro del suo impegno religioso che, dal punto di vista spirituale ha le proprie radici nella devozione alla Eucarestia ed alla Madonna.
Francesco Rizza
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