Emergenza Covid nuovi scontri al centro immigrati di San Ferdinando.

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Ci voleva pure il coninavirus per rendere ancora più problematica la gestione del centro profughi di San Ferdinando, da anni al centro del confronto politico istituzionale anche nazionale sulle pessime condizioni di vita in cui gli ospiti si trovano da più anni a vivere.


Se nello scorso inverno, un incendio partito da uno scaldino aveva prodotto l’ennesima morte di un migrante, le nuove problematiche sono collegate al fatto che una settantina di ospi ha tentato di forzare la cintura delle forze dell’ordine dopo che l’area è stata dichiarata “zona rossa” da parte della Regione per 14 casi di coronavirus. È partita, quindi, una sassaiola contro i poliziotti che hanno resistito al tentativo di fuga. Intensificati i servizi di vigilanza nella zona.


Negli scorsi giorni, Nino Sperlì vice presidente regionale, sentito il sindaco Andrea Tripodi, aveva firmato una ordinanza sancendo “il divieto di allontanamento da parte di tutti gli individui ivi presenti, riducendo drasticamente ogni possibilità̀ di vicinanza fisica, con particolare riferimento ai casi confermati e limitando al massimo ogni spostamento dei contatti stretti”.


Ciò nonostante che Comune abbia confermato negli scorsi giorni che gli operatori risultati positivi al tampone non sono di San Ferdinando per cui, in questo momento, non si registrano casi di positività all’interno del paese.


Intanto, a prescindere dal Covid, si avvicina nella Piana di Gioia Tauro il periodo della raccolta degli agrumi in cui sono proprio gli ospiti i maggiori raccoglitori sfruttati dai “caporali” , fra i pochi a guadagnare su questi sfruttati che una percentuale della popolazione guarda di maocchio.
Francesco Rizza

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