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è per un ‘ex voto’ di mia nonna se porto il nome di Francesco, era di Roccabernarda dove il Santo è molto venerato e dove c’è un Convento della prima ora che lo onora. Fin da bambino la figura di ‘Sa’ Franciscu e Pagula’ mi accompagna attraverso i racconti di mia nonna e poi di mia madre.
Quando mi sono imbattuto per la prima volta nel poemetto in vernacolo calabrese che il grande scrittore di Acri, Vincenzo Padula, ha dedicato al Santo paolano a metà Ottocento, vi ho riconosciuto la freschezza del linguaggio di quei racconti. Nell’ aprile di quest’anno mi viene commissionato un lavoro proprio da Paola, da eseguire in occasione dei festeggiamenti per l’anniversario della canonizzazione di San Francesco. C’è poco tempo e decido di musicare l’opera letteraria di Padula e, per rendere quella successione di versi ottonari rimati in dialetto, mi appello da una parte a tutte le mie conoscenze etnomusicali, dall’altra parte ricorro ad un linguaggio più vicino ai tempi del Santo, come quello della musica rinascimentale e barocca. Non mancano citazioni colte dell’Ottocento, secolo di Padula, come quella del grande compositore ungherese Franz Liszt che al Paolano ha dedicato “La leggenda di San Francesco di Paola che cammina sulle onde” per pianoforte. Ne è nato uno spettacolo di poesia musicale agile e snello, ricco di evocazioni e suggestioni musicali magicamente rese dalla voce e dal violino di Francesca Loria, dal caldo e umano suono del violoncello di Alex Cimino e dal riempimento armonico della chitarra classica e battente. Lo spettacolo il 30 aprile ha aperto i festeggiamenti a Paola nella splendida chiesa della Madonna di Montevergine ed è stato replicato il 6 luglio nei Giardini di Villa Rendano di Cosenza, a pochi metri dal sontuoso Convento di San Francesco di Paola a Cosenza.
Lo spettacolo propone una versione musicata del poemetto di Vincenzo Padula, scrittore calabrese nato ad Acri nel 1819, “San Francesco di Paola” che, insieme all’altro più noto poemetto “La notte di Natale” (anche musicato da Jure Novo) e a qualche altra lirica, costituisce un unicum dialettale del grande poeta, intellettuale e sacerdote calabrese ottocentesco. La figura di Vincenzo Padula è legata anche alla nostra vicina Città di Petilia Policastro, per essere stato precettore nella famiglia Ferrara negli anni in cui fu dimesso dal Convitto Telesio di Cosenza per la sua attività politica e culturale non proprio consona al potere dominante.
Il poemetto, scritto in strofe prevalentemente di ottonari, tratteggia in modo originale, fresco e a volte perfino ironico, la figura del Santo taumaturgo con umanità e immediatezza.
La sua vita è raccontata a partire dalla difficoltà della sua nascita, al momento in cui viene alla luce, per intercessione miracolosa di San Francesco d’Assisi, di cui prende il nome, all’infanzia, all’adolescenza, alla vocazione, ai miracoli, alla morte.
Padula, destinato anch’egli alla vita ecclesiastica, quasi sembra evocare momenti autobiografici in quanto scritto forse nel periodo del Seminario a Bisignano. Il linguaggio popolare, vicino a quello di un formalizzato di tipo orale, utilizza il gergo dei genitori del Santo ma con l’idioma del suo tempo.
Un linguaggio fortemente emotivo che lo avvicina a quello che ha testimoniato la canonizzazione del Santo nel Processo di Cosenza trascritto da Sproviero, come sostiene il prof. Rinaldo Longo. Nella messa in musica si è cercato di essere altrettanto fedeli a quella che è la tradizione etnica calabrese ispirandosi a melodie francescane popolari. E’ importante sottolineare la valenza culturale di questa operazione per la conoscenza e la conservazione del dialetto e della musica tradizionale e per la valorizzazione di un’opera poco conosciuta di Padula che negli stessi luoghi del Santo si è formato ed ha operato quattro secoli dopo.
LA PAROLA, IL CANTO, LA MUSICA: “SAN FRANCESCO DI PAOLA”
Poemetto giovanile in vernacolo calabrese di Vincenzo Padula musicato con atmosfere etno-barocche da Francesco D. Stumpo
Francesca Loria, violino e voce
F.D. Stumpo, chitarra classica e battente
Alex Cimino, violoncello
Brani:
Francesco Domenico Stumpo
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