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Chiuso da lunedì 15 per la necessità dell’Arcidiocesi di Crotone e Santa Severina di rinnovare la convenzione con la cooperativa “Aristippo” che da anni lo gestisce il Museo diocesano di arte sacra santaseverinese. Mentre Pino Barone, fra i responsabili della cooperativa con un post sfogo, ha annunciato la chiusura del Museo, fonti vicine all’Arcidiocesi di Crotone e Santa Severina come il sindaco Lucio Giordano fanno sapere che la Curia crotonese, guidata da mons. Michele Panzetta, è già all’opera per preparare un’altra convenzione e trovare, qualora sia necessario, un altro gestore per il Museo santaseverinese ed i suoi numerosi tesori.
” La Curia ha tante spese” dicono! – scrive Barone – ma nel corso ho spesso denunciato anche alla Regione Calabria che il progetto Icom ( 250.000 euro), finanziato per la realizzazione di strutture e per la realizzazione di servizi per raggiungere gli standard “Icom” non erano stati realizzati, niente era stato fatto! Ho denunciato le iniziative non concordate, che hanno arrecato seri danni, per lavori fatti nel Museo, nella Biblioteca e nell’Archivio. Tanti studiosi, ricercatori, tesisti – aggiunge Barone – mi contattano. La stanza che occupavo era nell’Archivio. Io continuo a dare informazioni. Ritengo vergognoso quello che la Curia e il nuovo Vescovo intendono fare: il Museo diocesano, l’Archivio, la Biblioteca di Santa Severina sono rinata grazie al nostro lavoro gratuito. Ho creduto tanto nel Museo. Ho fatto tanto, ma ora sono stanco”.
La notizia della chiusura del Museo santaseverinese che, speriamo sia momentanea ha subito fatto il giro dei social provocando stupore e l’indignazione della popolazione provinciale e particolarmente degli studiosi e ricercatori che, numerosi, fino ad oggi sono stati accolti nelle sale della struttura annessa alla cattedrale di Santa Severina.
Inaugurato nei locali dell’ Arcidiocesi dal 1998 al tempo di mons. Giuseppe Agostino grazie, prevalentemente, all’impegno di don Giuseppe Misti, zio di Pino Barone. Fra gli altri tesori lo stesso Museo custodisce una raccolta di arte sacra e fino all’arrivo del Covid ha ospitato numerose mostre. ll percorso espositivo si articola in sei sezioni: la prima è dedicata all’evoluzione storica e architettonica degli edifici di culto. La seconda espone oggetti in argento risalenti al 1500. Seguono le raccolte di paramenti liturgici, di dipinti e sculture. Uno spazio è dedicato alla patrona della città, santa Anastasia. Inoltre, nel Museo sono collocati anche l’Archivio storico inter diocesano, che custodisce documenti di varie epoche, tra cui una bolla pontificia del 1184 del 1184, e la Biblioteca storica diocesana, che conserva numerosi volumi, tra cui incunaboli e cinquecentine.
In un territorio come quello del Crotonese, depredato da più lustri delle proprie ricchezze storiche, periferia delle periferie che ormai riesce ad attirare l’attenzione dei media nazionali sono in occasione delle inchieste contro la ‘ndrangata di Nicola Gratteri, la chiusura del Museo santaseverinese rappresenterebbe uno smacco vero e proprio per l’intera Provincia e per tutti coloro che ancora sognano una rivalsa culturale del Marchesato e l’intera Provincia.
Francesco Rizza
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