Antistato, mafia, mafiosità. Ad Isola Capo Rizzuto, mentre il Comune è alla ricerca di aule, nessuno pensa a utilizzare la villa del boss. Negli scorsi lustri è stata assegnata al Municipio che vi ha speso 650 mila euro di fondi regionali.

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 Evidentemente l’ossequio all’ antistato è un sentimento che ancora condiziona le coscienze in Calabria ed in Comuni ad alta densità mafiosa come Isola di Capo Rizzuto, città fra le più popolate della provincia di Crotone dove le Amministrazioni comunali sciolte per infiltrazioni di mafia sono state numerose negli ultimi lustri. A testimonianza di questo, e di quella mafiosità che forse è più pericolosa della stessa ‘ndrangata perché lavora sotto traccia,  un’ ampia villa a tre piani, senza porte e finestre e con l’impianto elettrico staccato. La struttura vive da più anni in uno stato di abbandnono come il giardino che, protetto da un muro di cinta, lo circonda.

La villa di cui stiamo parlando era la lussuosa residenza  di Vincenzo Colacchio, esponente della famiglia Arena, la potente e violenta cosca di Isola di Capo Rizzuto. Negli scorsi anni era stata confiscata al nipote del boss Antonio Arena. Successivamente, fra il 2008 ed il 2013, era stata ristrutturata dalo Comune con una spesa di oltre 600 mila euro. Il progetto era quello di farne una scuola, ma a distanza di anni è rimasta inutilizzata.  

Nè le ultime Amministrazioni comunali e nè la  commissione straordinaria che ha guidato il Comune per due anni dopo lo scioglimento del Consiglio comunale e né ia sindaco Maria Grazia Vittimberga eletta da poco più di un anno il 10 novembre 2019. Tutto ciò, ed è questo l’aspetto più inquietante della storia che stiamo raccontando, mentre il Municipio isolitano, causa covid,  è alla ricerca di spazi per la riapertura scolastica.

La sindaco Vittimberga ha chiesto locali alla parrocchia diretta dal parroco don Francesco Gentile che si è dimostrata disponibile, li ha chiesti alla  cooperativa “Terre joniche Libera terra” che gestisce beni confiscati agli Arena ma a quella villa, da quanto è dato sapere, non sembra che  ci si abbia pensato.

Come ha scritto Antonio Maria Mira sull’ edizione del 18 settembre nelle pagine di “Avvenire” la storia di questa villa  “comincia  nel 2008 quando a guidare il comune è Carolina Girasole, sindaca coraggiosa molto impegnata proprio sui beni confiscati, mai poi finita del tritacarne di un’inchiesta incredibile e sbagliata per la quale è stata poi assolta con formula piena in primo grado e in appello .Quando viene eletta, trova la villa assegnata da tempo al Comune ma inutilizzata, come gran parte dei beni confiscati agli Arena, e vandalizzata. Ottiene dalla Regione Calabria un finanziamento di ben 650mila per realizzare la scuola, compreso un campo sportivo polivalente. Tutto è pronto nel 2013, ma la Girasole non viene rieletta. Il successore, Gianluca Bruno, non se ne occupa. E via via la villa viene depredata”.

 Lo stesso Bruno, come ricorda Mirra “finisce indagato nell’operazione Jonny, sugli affari degli Arena nella gestione del Cara, l’enorme centro per immigrati, che vede coinvolti anche il parroco di Isola di Capo Rizzuto, don Edoardo Scordio e il presidente della Misericordia, che gestisce il Cara, Leonardo Sacco, condannati rispettivamente a 14 e 17 anni per associazione mafiosa. La conseguenza è lo scioglimento del comune per condizionamento mafioso il 24 novembre 2017. Arriva la commissione straordinaria che nel 2018 fa un bando per l’assegnazione della villa che . viene assegnata a una cooperativa di Isola che si occupa di progetti educativi. Ma dopo due anni non si è fatto nulla. Nè ripararla nè farla funzionare. Non lo ha fatto la commissione straordinaria e neanche la nuova giunta, guidata da Maria Grazia Vittimberga”.

 Francesco Rizza

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